Dove sta la vera sapienza?

Pubblicato giorno 28 agosto 2022 - Don Valeriano

Noi tutti cerchiamo la vita, la gioia, vogliamo evitare ciò che ci fa soffrire e la croce subito non ci ricorda la salvezza, l’idea di salvezza.

E dobbiamo riconoscere che certe forme di mortificazione, di penitenza non ci aiutano a capire l’invito di Gesù a “prendere la sua croce”.

Il cristiano non desidera il dolore e neanche Gesù lo ha cercato, ma l’amore vero che quello cercato e “vissuto fino alla fine” giunge al dono della vita.

Ecco perché la croce da segno di morte diventa simbolo di vita.

Per più di tre secoli nella chiesa primitiva i simboli del cristiano erano l’ancora, il pescatore, il pesce, il pane, il pastore, ecc. “Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.

Questo invito è per ogni uomo per chiunque viene a Gesù.

“Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, ma voi non avete voluto”. Possiamo dire che Dio, in Gesù ha fatto più volte l’esperienza del fallimento.

Infatti gli uomini sono liberi di fare il loro gioco.

Allora comprendiamo perché Gesù dice: “c’è più gioia in cielo per un peccatore pentito che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione”. La gioia più grande di colui che ama è la “conquista” o la “riconquista” dell’amata/o. Beati coloro che hanno scoperto, conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio va sempre nella ricerca di chi è perduto, l’iniziativa è partita e parte sempre da Lui.

Il Padre non forza, non obbliga mai i suoi figli, non li costringe neanche a tornare, sa attendere … Sta a noi non fare troppo tardi.

L’uomo è un pellegrino e vive da straniero in un mondo non suo.

E’ un viandante che attraversa il deserto: gli appartiene tanta terra quanta ne può calpestare con il suo piede; appena muove un passo non è più sua”. (Fernando Armellini). Finché non ci convinciamo che non siamo padroni, ma amministratori dei beni di questo mondo che ci sono stati affidati, sarà impossibile vincere l’odio, creare comunione o come dice Papa Francesco “fratelli tutti”.

Ognuno dovrebbe diventare quell’amministratore saggio e intraprendente che se insegna e ha coraggio fa rendere i capitali del padrone. Nelle mani di ogni uomo c’è un capitale prezioso che ci è stato affidato da Dio.

Cosa fare per amministrarlo bene? Certamente non possiamo servire due padroni. “Quando tu dai qualcosa a un povero non gli offri ciò che è tuo , ma restituisci ciò che è già suo, perché la terra e i beni di questo mondo sono di tutti e non di pochi”. (Sant’Agostino). Qual è la reazione che provi di fronte a questa frase.

Il ricco (della parabola di Gesù) senza nome che dall’inferno ha la possibilità di vedere Abramo e lo invita di andare dai suoi parenti a dire loro come stanno le cose, Abramo risponde: “hanno Mosè e i profeti ascoltino loro” era la formula per dire hanno la “Parola di Dio”.

Solo questa Parola può compiere il prodigio di far entrare un ricco nel regno dei cieli. Sì perché occorre proprio un miracolo, chi non si lascia scalfire dalla parola di Dio è certamente refrattario a qualunque altra argomentazione.